IL PANE: aspetti storici, nutrizionali e tecnologici

La Legge 4 luglio 1967, n. 580 nel suo art. 14, definisce” pane” il prodotto ottenuto dalla cottura totale o parziale di una pasta convenientemente lievitata, preparata con sfarinati di grano, acqua e lievito, con o senza aggiunta di sale comune (cloruro di sodio). Ma questo alimento ha sempre fatto parte della nostra alimentazione. Era noto persino all’Homo sapiens che lo preparava macinando i cereali fra due grandi pietre, aggiungendo dell’acqua e cuocendo l’impasto così ottenuto su pietre roventi.

La fermentazione fu scoperta per caso dagli Egizi che nel 3500 a.C. si resero conto che lasciando l’impasto all’aria per un giorno prima di cuocerlo, avevano un prodotto molto più soffice. L’usanza ebraica di consumare pane azzimo, cioè non lievitato, ha lo scopo di commemorare la fuga del popolo ebreo dall’Egitto, in quanto tale tipo di pane si conserva molto più a lungo. Altri esperti dell’arte della panificazione furono i Greci, che per primi aggiunsero ulteriori ingredienti alla ricetta base e cominciarono a preparare il pane di notte.

Nei nostri climi temperati si consuma prevalentemente pane di frumento prodotto con farina 00, mentre nei paesi freddi del Nord Europa si consuma il pane di segale, in quanto questo cereale è molto più resistente al clima rigido e ad estati brevi. Purtroppo però la vulnerabilità della segale all’ascomiceta “Claviceps purpurea”, produttore di alcaloidi velenosi resistenti anche alle alte temperature dei forni di cottura del pane, è stata causa di numerose intossicazioni di massa nel medioevo.

Malgrado sia un alimento fondamentale della dieta mediterranea, l’Italia si posiziona al quarto posto nella classifica del consumo pro-capite di pane nei paesi europei, con 66kg, preceduta da Austria (70kg), Danimarca (72kg) e Germania (84kg). Resta comunque la principale fonte quotidiana di carboidrati. Infatti 100 grammi di pane di farina di frumento 00 contengono circa: 290kcal, 68g di carboidrati, 29g di acqua, 8,6g di proteine e 0,4g di lipidi. Contengono inoltre 6mg di Calcio, 2mg di Sodio, 9mg di Magnesio, 11mg di Fosforo, 129mg di Potassio.

Di tutti i tipi di pane, il più calorico risulta essere quello azzimo, a causa del suo ridotto contenuto idrico. Infatti 100g di pane azzimo contengono solo 4,5g di acqua e apportano 377kcal. Si riconoscono principalmente 2 metodi di preparazione del pane: diretto e indiretto. Il primo consiste nell’impastare gli ingredienti tutti in un’unica fase, mentre il secondo è più complesso. Esso prevede l’utilizzo di 2 tecnologie: la preparazione della “biga” e il ricorso alla “madre acida”. La biga è un preimpasto ottenuto miscelando acqua, farina e lievito in proporzioni tali che esso risulti piuttosto asciutto, che viene lasciato fermentare per tempi differenti prima di essere aggiunto agli altri ingredienti e subire una seconda lievitazione prima della cottura.

La “madre acida”, o “lievito naturale”, è invece un impasto di farina e acqua reso acido dall’azione sinergica di lieviti e batteri lattici specifici in equilibrio tra loro, che avviano la fermentazione. L’ambiente acido impedisce la contaminazione dell’impasto da parte di altri microrganismi non acidofili e l’anidride carbonica prodotta dalla fermentazione conferisce al pane la classica alveolatura. Il pane prodotto con metodi indiretti risulta molto più digeribile, rispetto a quello preparato con la semplice aggiunta di lievito di birra, grazie alla proteolisi operata dai batteri lattici, ma richiede procedimenti molto complessi e lenti, decisamente inadatti a una produzione su scala industriale.

Tutti e 3 i metodi prevedono comunque 6 fasi: l’impastamento, la lievitazione, che conferisce morbidezza all’impasto, la formatura, la cottura, di solito in forno elettrico o a legna a 200-300°C che fornisce al pane le sue caratteristiche organolettiche, il raffreddamento e il confezionamento.

Dott.ssa Isabella De Vita
Consulente HACCP Roma, 25 febbraio 2013
Associazione Italiana Consulenti Igiene Alimentare

L’applicazione del sistema HACCP nella panificazione

Come si adeguano le indicazioni del Reg. 852/04 alla pratica? Prendiamo ad esempio la produzione del pane e valutiamo come sia necessario seguire manuali di corretta prassi operativa per garantire la giusta sicurezza del prodotto alimentare.

Nel settore dell’industriale alimentare, a livello pratico, seguire le indicazioni del Reg. CE 852/04 per garantire l’igiene e l’applicazione corretta del sistema HACCP si traduce nello studio di tutte le indicazione pratiche e tecniche che sono raccolte nei Manuali di corretta prassi operativa. Ogni settore industriale, infatti, ne ha uno di riferimento e adeguato al tipo di produzione e al prodotto che viene immesso sul mercato. Anche la produzione di pane e quindi il settore della panificazione si adegua a questo tipo di indicazioni. In questo ambito il manuale per le corrette prassi operative e buone prassi igieniche fornisce le indicazioni tecniche ed i riferimenti metodologici necessari ad assicurare il raggiungimento e il mantenimento dei requisiti fissati dal “Pacchetto Igiene”.

Il manuale si apre con una lunga sezione dedicata al Codice di corretta prassi igienica dove vengono descritte le prescrizioni igieniche applicabili al settore della panificazione, con lo scopo ultimo di assicurare il raggiungimento ed il mantenimento delle adeguate condizioni igieniche durante lo svolgimento di tutte le attività di produzione, deposito, trasporto e distribuzione. Citando il Manuale, quindi, possiamo dire che “ogni impresa alimentare è tenuta all'osservazione di determinate condizioni igieniche nel corso della produzione e della movimentazione delle sostanze alimentari e delle bevande.

Nel contesto dell'applicazione del metodo HACCP, esse rappresentano dei requisiti di base imprescindibili, in mancanza dei quali lo stesso metodo HACCP perde di efficacia”. I requisiti prefissati riguardano ogni passaggio della produzione. Vengono perciò descritti i requisiti necessari: per i locali in tutti i particolari (muri, pavimenti e finestre); per i servizi igienici e gli impianti sanitari dello stabile, compresi i requisiti per il rifornimento idrico; per le attrezzature e le apparecchiature utilizzate nella produzione; per il trasporto; per lo smaltimento dei rifiuti; per l’igiene personale; per le caratteristiche delle materie prime; per la formazione del personale; per il controllo degli infestanti; e per i piani di sanificazione. I locali devono necessariamente essere puliti e pulibili in ogni loro parte e quindi avere pareti, pavimenti, muri e finestre in materiali adeguati e non tossici.

In uno stabilimento di produzione è necessario mantenere separate le aree di magazzino per le materie prime, di lavorazione e produzione, e quella adibita ai prodotti finiti. I servizi igienici devono essere in numero adeguato ai lavoratori dello stabilimento, essere dotati di acqua fredda e calda, ed essere separati dall’area di produzione da un locale antistante il bagno e dotato di porta a chiusura automatica. L’acqua che rifornisce lo stabilimento di produzione e che entra a far parte degli alimenti prodotti deve essere potabile ed eventualmente separata dalle tubature in cui passa acqua non potabile. Le attrezzature e le apparecchiature devono essere costruite in materiali non tossici o pericolosi, e devono essere installati in modo da garantire la più scrupolosa pulizia in modo da evitare qualsiasi contaminazione degli alimenti. L’eventuale trasporto di prodotti finiti necessita di scrupolose attenzioni: dal mezzo utilizzato, ai contenitori per il trasporto, e così via. Chiaramente non possono essere tralasciati né i requisiti sull’igiene del personale, né le giuste misure per trattare le materie prime e tanto meno la formazione. I corsi di formazione sull’HACCP infatti garantiscono il continuo aggiornamento del personale sulle tematiche e gli aspetti più importanti per garantire un prodotto finito privo di rischi. Il Manuale poi prosegue con la descrizione delle operazioni da seguire per garantire la rintracciabilità di ogni prodotto. La parte finale del manuale è dedicata all’applicazione vera e propria del metodo HACCP in un’impresa del settore della panificazione, presentando gli elementi necessari all’attuazione degli opportuni mezzi di controllo e verifica. Questa sezione quindi si basa sui 7 principi che caratterizza il metodo HACCP e li “plasma” al settore industriale a cui si riferisce il Manuale, in questo caso la panificazione.

Per i dettagli riguardante questo argomento rimandiamo al link seguente.

Dott.ssa Federica Tavassi
Consulente HACCP Roma, 5 marzo 2013
Associazione Italiana Consulenti Igiene Alimentare

IL PANE: processi produttivi e aspetti normativi

Con questo articolo si conclude la monografia dedicata a questo alimento così importante per la cultura mediterranea. Approfondiamo ora le tecnologie produttive e le norme che regolano la sua preparazione e la sua commercializzazione.

Come abbiamo già accennato nell’articolo sugli aspetti storici e nutrizionali, il processo produttivo del pane prevede 5 passi fondamentali: impasto, puntatura, spezzatura e formatura, lievitazione e cottura. Durante l’impastatura si creano le condizioni necessarie alla formazione del glutine, un complesso proteico composto dalla gliadina e dalla glutenina idratate. Tale macromolecola costituisce la struttura fondamentale dell’impasto e gli conferisce compattezza, elasticità e la capacità di imprigionare gli amidi e i gas che si sviluppano durante la lievitazione. Da questo deriva la caratteristica struttura spugnosa della mollica del pane. Alla fine della lavorazione la temperatura ottimale della pasta deve essere compresa tra i 22 e i 26 gradi centigradi. La regolazione della temperatura avviene aumentando o diminuendo quella dell’acqua.

Segue poi la fase di puntatura, durante cui le cellule di lievito, grazie all’ossigeno incamerato nella fase di impastamento, si moltiplicano. Questa fase ha durata variabile e dipende dal tipo di lievito utilizzato (chimico o lievito madre) e dalla forza dell’impasto. Successivamente si passa alla fase di spezzatura e formatura in cui si divide l’impasto in vari pezzi del peso e della forma desiderati. Questa operazione può essere svolta a mano o con macchine spezzatrici. Per la produzione di massa si utilizzano anche macchine che, oltre a spezzare l’impasto gli danno anche forme differenti.

La lievitazione è il processo che porta a un forte aumento di volume delle forme di pane (fino a tre volte il volume iniziale) e la sua durata dipende dalla quantità e dal tipo di lievito utilizzato. Se si utilizza un lievito chimico il rigonfiamento dell’impasto è dovuto alla liberazione di anidride carbonica durante la cottura, mentre se si usa lievito naturale, composto da microrganismi selezionati, all’anidride carbonica sviluppata dalla fermentazione degli zuccheri del pane, si aggiungono etanolo e acidi carbossilici, che aumentano la digeribilità del prodotto.

La cottura, che dura dai 13 ai 60 minuti, avviene in forno con temperature comprese tra 180 e 275°C. Il riscaldamento dell’impasto avviene in maniera graduale in cui possiamo distinguere 4 fasi termiche. Quando la temperatura è compresa tra i 30 e i 40°C i lieviti operano ancora la fermentazione; tra 40 e 60°C i lieviti muoiono e l’amido comincia a solidificare; tra i 60 e gli 80°C si completa la solidificazione dell’amido e tra i 100 e i 140°C avviene la totale evaporazione dell’acqua che aveva portato all’aumento di volume nelle fasi iniziali del riscaldamento.

Le leggi che regolano la produzione e la commercializzazione del pane, a partire dai cereali e dagli sfarinati che possono essere utilizzati nel processo sono la Legge 4 Luglio 1967, n°580 e il DPR 502 del 30 novembre 1998. Gli articoli della Legge 580 che si occupano del pane sono quelli del Titolo III, dall’articolo 14 all’articolo 27. In questi articoli viene data la definizione del prodotto alimentare “pane”, viene stabilita la percentuale d’acqua ammessa in relazione alla pezzatura del pane e stabilito che esso è un prodotto da vendere a peso, inoltre ne viene regolamentato il commercio. Col DPR 502 invece si regolamenta il pane ottenuto dalla miscelazione di farine diverse, specificando gli ingredienti e gli additivi ammessi, il tenore di umidità concesso, le modalità di trasporto del pane e la tipologia di lievito permesso nel processo produttivo.

Dott.ssa Isabella De Vita
Consulente HACCP Roma 11 Marzo 2013
Associazione Italiana Consulenti Igiene Alimentare

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