Il tonno e l’intossicazione da istamina: ecco cosa può succedere quando non si rispetta il sistema HACCP

L’istamina è una sostanza azotata che deriva dalla degradazione, o meglio, dalla decarbossilazione, dell’amminoacido istidina operata dall’enzima istidina decarbossilasi. Nell’uomo è il principale mediatore delle reazioni infiammatorie e delle risposte allergiche, ma questa sostanza, prodotta anche da microrganismi molto diffusi nell’ambiente, come Klebsiella, Proteus, Enterobacter e Vibrio, se ingerita può dare origine a fastidiose intossicazioni.

Il fatto che l’istidina sia presente maggiormente nella muscolatura di alcune specie ittiche, tra cui sgombro, tonno, aringa, sardina e acciuga, rende questi pesci più rischiosi per il consumatore.

I microrganismi sopracitati possono essere già presenti nella flora intestinale dei pesci, o contaminare le loro carni lungo tutta la filiera, dalla produzione alla distribuzione, per questo è necessario applicare correttamente il sistema HACCP in tutti i suoi punti. Inoltre l’istamina, una volta prodotta, è una sostanza molto stabile e nessun procedimento utilizzato comunemente nella preparazione dei cibi è in grado di alterarla. Infatti resiste alla congelazione, all’affumicatura, all’inscatolamento e alla cottura.

La maggior parte dei casi di intossicazione si verificano in seguito al consumo di pizza col tonno. Il tonno sott’olio, utilizzato in pizzeria, conservato magari, una volta aperta la confezione, a temperature troppo elevate, può presentare considerevoli livelli di istamina. Questo si verifica malgrado si tratti di un prodotto sterilizzato, in quanto le sue carni ricche di istidina, altamente termostabile, rappresentano un substrato perfetto per i microrganismi contaminanti.

Il contenuto medio di istamina di sgombro, tonno, aringhe, sardine e acciughe è di 0,5- 25 mg/kg e il Regolamento CE 2073/05 prescrive che il loro tenore medio di istamina, calcolato su 9 campioni, non può superare i 100 mg/Kg. Per far si che non si raggiungano tali valori, è necessario mantenere sempre questi alimenti a basse temperature.

Come già accennato, il controllo dei tempi e delle temperature è alla base di qualsiasi manuale HACCP, poiché il rischio per il consumatore risiede proprio nella durata del periodo in cui l’alimento resta a temperatura ambiente. Se invece viene rispettata correttamente la catena del freddo lungo tutta la filiera non si dà modo ai microrganismi di moltiplicarsi e di produrre quindi ingenti quantità di istamina. È doveroso ricordare che questo principio dovrebbe essere applicato anche a livello domestico, conservando i cibi in maniera adeguata, soprattutto una volta aperte le confezioni, a temperature conformi.

Dott.ssa Isabella De Vita
Consulente HACCP
Associazione Italiana Consulenti di Igiene Alimentare
Roma 8 aprile 2013

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