Acque destinate al consumo umano, acque minerali naturali e acque di sorgente: scopriamo insieme quali sono i parametri che le distinguono e come vengono disciplinate

foto Il Decreto Legislativo 31/01 definisce le “acque destinate al consumo umano”, come “…le acque trattate o non trattate, destinate ad uso potabile, per la preparazione di cibi e bevande, o per altri usi domestici, a prescindere dalla loro origine, siano esse fornite tramite una rete di distribuzione, mediante cisterne, in bottiglie o in contenitori…”. Rientrano nel campo di applicazione del Decreto Legislativo 31/01 anche le acque utilizzate nell’industria alimentare la cui salubrità ha necessariamente conseguenze sulla sicurezza del prodotto finale.

Le acque destinate al consumo umano, o acque potabili, provenendo da corpi idrici molto differenti tra loro presentano una composizione chimica molto variabile. Nell’allegato I parte B del Decreto Legislativo 31/01 vengono definiti dei valori limite di alcuni elementi chimici, mentre, sebbene esistano dei valori di riferimento per la concentrazione di alcuni elementi tossici come l’Arsenico, sono state concesse deroghe a patto che tali concentrazioni non costituiscano un pericolo per la salute e che non possa essere garantito l’approvvigionamento di acque di qualità migliore.

In ogni caso la normativa fissa a 1500 mg/L la concentrazione massima di Sali che possono essere disciolti nelle acque destinate al consumo umano.

Le acque destinate al consumo umano, che vengono distribuite tramite la rete idrica nazionale, sono sempre sottoposte a disinfezione. In seguito ai trattamenti chimici come la clorazione, si formano composti a base di cloro (organoalogenati) che hanno un’azione disinfettante residuale. Quest’azione è necessaria, in quanto lungo il percorso di distribuzione degli acquedotti possono essere presenti numerosi punti critici per la salubrità dell’acqua trasportata, quali infiltrazioni e fenomeni di corrosione, frequenti nelle tubature vecchie.

Poiché la clorazione però modifica in maniera sgradevole odore e sapore dell’acqua, vengono utilizzati anche altri metodi di disinfezione come l’impiego di ozono e di carboni attivi che non influenzano i caratteri organolettici.

Le acque minerali naturali, che possiamo identificare con le classiche acque da tavola, sono attualmente regolate dal D. Lgs 339/99 e i Decreti Ministeriali 542/1992 (per i parametri microbiologici), 11/09/2003 e 29/12/2003. Le differenze principali con le acque destinate al consumo umano sono che le acque minerali provengono dal sottosuolo e da aree con assente o bassa influenza antropica; presentano limiti decisamente più restrittivi per quanto riguarda la concentrazione di alcune sostanze contaminanti; non prevedono trattamenti di disinfezione, ad eccezione dell’ozonazione per alcuni casi particolari, procedura che deve essere comunque dichiarata in etichetta; non hanno un valore limite massimo di residuo fisso e possono essere imbottigliate in contenitori della capacità massima di 2 litri.

 

Le acque di sorgente infine sono esclusivamente di origine sotterranea e la loro temperatura non deve subire variazioni significative nel tempo. Sebbene non debbano superare i limiti microbiologici previsti dal Decreto Ministeriale n. 542 del 12/11/1992, devono rispettare la composizione e i valori limite di sostanze contaminanti espressi nel Decreto Legislativo 31/01 per le acque destinate al consumo umano. Inoltre, al contrario che per le acque minerali, non esiste un limite alla capacità dei contenitori in cui possono essere imbottigliate e la loro composizione chimica non deve essere dichiarata in etichetta.

Dott.ssa Isabella De Vita
Consulente HACCP
Associazione Italiana Consulenti di Igiene Alimentare

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