Istamina nei prodotti ittici: quali procedure mettere in atto per evitare la contaminazione

 

foto E’ di pochi giorni fa l’ennesimo annuncio di ritiro dal mercato di un prodotto che presenta livelli di istamina troppo elevati. Si tratta di un lotto di “filetti di alici all’olio di oliva” distribuiti dalla catena di supermercati Simply. Chiaramente si tratta di un richiamo in via cautelativa, ma che comunque fa riflettere: i casi di concentrazioni troppo elevate di istamina nei prodotti alimentari non sono poi così rari. L’istamina è un composto azotato che appartiene alla classe delle “ammine biogene”. E’ un prodotto di denaturazione, in particolare della decarbossilazione dell’amminoacido L-istidina naturalmente presente nei tessuti muscolari di animali, tra cui anche i pesci. Le quote più elevate di istidina sono presenti nei tessuti muscolare di alcune specie ittiche a carne rossa quali tonni, sgombri, sardine, aringhe e acciughe.

La formazione dell’istamina a partire dall’istidina è, per la maggior parte ma non esclusivamente, dovuta all’azione dei batteri. In particolare tutti quei batteri, prevalentemente Gram-negativi (ad es. generi come Klebsiella, Proteus, Enterobacter, Citrobacter, Vibrio), che sono in grado di produrre enzimi come l’istidina-decarbossilasi saranno anche i principali responsabili della formazione dell’istidina. La proliferazione di questi batteri si verifica a seguito della errata esposizione dell’alimento, per un tempo prolungato, a temperature superiori ai 6-10°C. Al contrario invece, solo una piccola parte della produzione dell’istidina può essere ricondotta ad una attività autolitica di origine tissutale che si manifesta a seguito della perdita di freschezza delle carni.

L’istamina è una molecola estremamente stabile alle temperature e per questo non subisce denaturazione in seguito alle classiche procedure di cottura e inscatolamento. Solo raggiungendo i 116°C per 90 minuti si ottiene la sua inattivazione.

L’intossicazione alimentare dovuta a concentrazioni troppo elevate di istamina nel prodotto alimentare viene definita sindrome sgombroide ed è caratterizzata da: prurito, arrossamento del viso e del collo, orticaria, nausea, vomito, diarrea, cefalea, vertigini. Questi sintomi possono variare in dipendenza della quantità di tossina introdotta e dalla sensibilità individuale. Il periodo d’incubazione è breve: da pochi minuti ad alcune ore. Nei casi più gravi si può arrivare allo shock istaminico con ipotensione fino al collasso cardio-circolatorio. In quanto contaminante chimico e, più in generale pericolo per la salute del consumatore, anche i livelli di istamina negli alimenti sono regolamentati. Nel Regolamento (CE) 2073/2005 vengono infatti definiti i limiti di legge di tale sostanza.

foto Analizzando 9 campioni di ciascun lotto, il Regolamento stabilisce che: il tenore medio non deve superare 100 ppm; due su nove campioni possono avere un tenore superiore a 100 ppm ma inferiore a 200 ppm; nessun campione deve avere un tenore superiore ai 200 ppm. Questi valori limite si applicano unicamente ai pesci delle seguenti famiglie: Scombridae (tonno, sgombro, palamita), Clupeidae (sardina, aringa), Engraulidae (alice), Coryphenidae (lampuga), Pomatomidae (pesce serra) e Scomberesocidae (costardella). Tuttavia i pesci di queste famiglie che abbiano subìto un trattamento di maturazione enzimatica in salamoia possono presentare tenori di istamina più elevati che non possono tuttavia superare il doppio dei valori suddetti.

Per evitare problemi è buona norma attenersi ad alcuni principi fondamentali, riportati spesso dal sistema dell’HACCP e dell’autocontrollo, ma non solo. Infatti in alcuni casi e per la pesca di alcune specie di pesce è consigliabile prediligere tecniche di pesca, di cattura e di trasporto dell’animale il meno traumatico possibile per l’animale e per le sue carni. Si è infatti evidenziato che effettuare queste procedure cercando di ridurre al minimo lo stress sull’animale influisca anche nella produzione di istamina a livello tissutale. Animali fortemente stressati al momento della pesca e della cattura, producono infatti livelli più elevati di istamina.

Per quanto riguarda invece l’istamina prodotta da una flora batterica in proliferazione è estremamente importante attenersi scrupolosamente al mantenimento della catena del freddo lungo tutta la filiera produttiva di questi prodotti in quanto a temperature di refrigerazione i batteri sopra menzionati non si replicano. Inoltre è indispensabile raggiungere sempre e comunque gli standard di buona igiene evitando situazioni di scarsa igiene che possono facilmente diventare ulteriore fonte di contaminazione.

Per i consumatori, inoltre, si ricorda di: consumare pesce di mare (ad es. tonno) esclusivamente fresco; conservare questi tipi di pesce alla temperatura di refrigerazione e per tempi ridotti; consumare conserve ittiche aperte (tonno, sardine, sgombro) in tempi rapidi e conservare conserve ittiche ancora chiuse in luoghi freschi ed asciutto evitando il surriscaldamento delle confezioni.

Dott.ssa Federica Tavassi
Roma 9 dicembre 2014
Associazione Italiana Consulenti di Igiene Alimentare

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