Il rispetto della catena del freddo è una condizione necessaria per la sicurezza alimentare, ma può essere mantenuta anche dal consumatore?

In un piano di autocontrollo sono sempre presenti delle schede su cui annotare le temperature dei frigoriferi a inizio e a fine giornata lavorativa e la temperatura misurata al cuore del prodotto della merce in arrivo dai fornitori. Questo è un metodo fondamentale per controllare che lungo la filiera venga rispettata la catena del freddo, garantendo una certa sicurezza microbiologica dei prodotti che giungono al consumatore. Sarebbe molto utile poter applicare questo tipo di monitoraggio anche in ambiente domestico. Ma come capire se il frigorifero di casa raggiunge le temperature necessarie a conservare adeguatamente gli alimenti deperibili? L’impresa risulta difficile, visto che la maggior parte degli apparecchi in commercio non dispone di un termometro, ma solo di un termostato interno che serve per aumentare o diminuire la temperatura: non esiste un sistema per capire quanti gradi ci sono nella portiera o nei cassetti, e quanto sono freddi i diversi scomparti.

In un’indagine condotta dall’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie sui frigoriferi di 116 famiglie, i risultati sono stati allarmanti. La temperatura è stata costantemente sopra i 5°C per l’80% del tempo, segno di un’assoluta impossibilità di rispettare la catena del freddo. Il valore medio rilevato all’interno degli elettrodomestici di casa è stato di +7,2°C, in quanto si passa dai 6,9°C registrati nei ripiani alti ai 6,6°C degli scomparti bassi, agli 8,0°C misurati nella portiera, zona in cui vengono solitamente conservati latte e uova. Ovviamente una tale temperatura media è completamente inadeguata alla conservazione di carne, pesce e latticini che devono essere mantenuti a una temperatura non superiore ai 6°C. Il Regolamento della Commissione Europea 1060/2010 sancisce chiaramente che per i frigoriferi domestici “la temperatura di conservazione media all’interno debba essere minore o al massimo pari a 4°C”. Lo stesso regolamento stabilisce anche entro quali temperature ambiente medie i frigoriferi devono obbligatoriamente funzionare correttamente. Gli apparecchi distribuiti in Italia appartengono alla categoria commercializzata nell’area subtropicale e dovrebbero garantire un rendimento ottimale nei diversi scomparti fino a una temperatura esterna di 38°C.

Nella valutazione dell’adeguatezza di un frigorifero al mantenimento della catena del freddo, bisogna però tener conto di molte variabili: ad esempio la collocazione dell’elettrodomestico all’interno della cucina, se sia o meno incassato, se venga utilizzato in maniera corretta, non tenendolo aperto troppo a lungo e non inserendo cibi caldi. In ogni caso, a prescindere se il mancato raggiungimento della corretta temperatura di mantenimento sia dovuto al frigorifero in sé o a un utilizzo scorretto da parte del consumatore, se tutti gli apparecchi avessero un termometro interno (non un termostato come accade adesso) si potrebbe controllare il rispetto della catena del freddo. Oppure si potrebbe fare come in Francia, dove il governo stesso, sul sito consiglia di comprare un termometro da frigo per individuare la zona più fredda del frigo (ribadendo che non deve superare i 4°C) in cui conservare i prodotti maggiormente deperibili.

Dott.ssa Isabella De Vita
Associazione Italiana Consulenti Igiene Alimentare

Roma 10 gennaio 2013

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