GLI OLI: aspetti nutrizionali e normativi che regolano la loro classificazione e la loro produzione.

Olio di oliva e olive.L’olio d’oliva è un grasso alimentare di origine vegetale, derivato dalla spremitura dei frutti dell’olivo. Il 97% della produzione proviene dai paesi mediterranei con una punta del 75% nella UE. In Italia si produce olio in tutte le regioni tranne che in Piemonte e Valle d’Aosta e possiamo vantare ben 700 varietà diverse (rispetto alle 20 presenti in Spagna). Dal 1 luglio 2009 è in vigore l’obbligo di indicare in etichetta l’origine delle olive impiegate per produrre l’olio vergine ed extravergine d’oliva. Grazie al Regolamento europeo 182 del 6 marzo 2009 che modifica quello del 2002, non è più possibile far passare per “made in Italy” l’extravergine ottenuto da miscugli di olio, spremuto ad esempio da olive spagnole, greche, tunisine ed altro, senza una informazione chiara e trasparente. Sull’etichetta deve essere segnalato inoltre se l’extravergine è ottenuto fa “miscele di oli di oliva comunitari”, “miscele di oli di oliva non comunitari” o di “miscele di oli di oliva comunitari e non comunitari”.

Esistono oli di oliva e oli di altra natura. L’olio d’oliva è il più sano ed è più adatto a cotture e fritture perché ha una consistenza diversa e tiene in modo diverso il calore. Il cosiddetto “punto di fumo” identifica il grado di temperatura al di sopra del quale l’olio subisce profonde alterazioni molecolari che risultano tossiche per l’organismo umano. Sembra quindi evidente che più è elevato questo punto di fumo e più è elevato il pregio dell’olio. Quello dell’olio d’oliva supera i 200-220°C; quando si passa ad altre categorie, l’unico olio con un punto di fumo leggermente inferiore è l’olio di semi di arachidi, altrimenti gli altri oli (soia, girasole, ecc.) hanno punti di fumo estremamente inferiori, il che li rende inadatti alla cottura.

Secondo il Regolamento europeo 1513 del 2001 un olio di oliva si definisce “vergine” quando è stato ottenuto dal frutto dell’olivo mediante processi meccanici o altri processi fisici, in condizioni che non causano alterazione e che non hanno subito alcun trattamento diverso da lavaggio, decantazione, centrifugazione, filtrazione. Ovviamente sono esclusi tutti gli oli ottenuti con processi di riesterificazione e qualsiasi miscela con oli di altra natura.

Gli oli d’oliva vergini si suddividono a loro volta in:

  • olio extravergine di oliva, la cui acidità libera, espressa in percentuale di acido oleico, è al massimo dello 0,8%;
  • olio d’oliva vergine, con un’acidità libera, espressa in percentuale di acido oleico ≤ al 2%; c)
  • olio di oliva lampante, la cui acidità libera espressa in percentuale di acido oleico è maggiore del 2%, dal gusto imperfetto e non commestibile, destinato quindi ad altri usi industriali, non per il settore alimentare.

Successivamente nel Regolamento 1513/2001 vengono descritti gli altri tipi di oli d’oliva non vergini, di cui fanno parte

  • l’olio di oliva raffinato, ottenuto dalla raffinazione di quello vergine, con un tenore di acidità libera in acido oleico ≤ allo 0,3%;
  • l’olio d’oliva, ottenuto dal taglio di olio di oliva raffinato con olio di oliva vergine e un’acidità ≤ all’ 1%;
  • l’olio di sansa di oliva greggio ottenuto dalla sansa di olive mediante trattamento con solventi e processi fisici;
  • l’olio di sansa di oliva raffinato, ottenuto dalla raffinazione di *olio di sansa di oliva greggio, con un’acidità ≤ allo 0,3%;
  • olio di sansa di oliva, ottenuto dal taglio di olio di sansa di oliva raffinato e di olio di oliva vergine, con un’acidità inferiore all’1%.

Per quanto riguarda l’olio di semi, nella Legge del 27 gennaio del 1968 esso viene definito come “l’olio ottenuto dall’estrazione a mezzo solvente o dalla pressione meccanica di semi oleosi (arachide, girasole, mais, soia, ecc.) e successivamente sottoposto, per essere reso commestibile, a processo industriale di raffinazione”. Il solvente più adoperato è l’esano commerciale e durante la raffinazione vengono eliminate le mucillagini, viene neutralizzata l’acidità, deodorato, decolorato e vengono tolte le ultime tracce di esano, che per legge deve essere completamente eliminato.

Tra gli oli di semi più diffusi possiamo ricordare:

  • l’olio di semi di arachide, uno dei migliori per gusto, stabilità e composizione chimica molto equilibrata in acidi grassi, con un punto di fumo altissimo (220°C);
  • l’olio di girasole, con composizione molto simile a quello di mais, è ottenuto per chiarificazione e sedimentazione di quello grezzo, ha un colore variabile dal giallo al rossastro;
  • l’olio di soia, il più diffuso al mondo, estratto per pressione a caldo o con solventi, l’olio di soia commerciale è ottenuto per raffinazione, deodorazione e decolorazione di quello grezzo.

Infine, nella categoria di oli di varia natura citiamo l’olio di mais, proveniente dal germe del mais e ricavato per spremitura o per estrazione con solventi.

Dott.ssa Isabella De Vita
Consulente HACCP
Associazione Italiana Consulenti Igiene Alimentare

Roma, 3 gennaio 2013

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